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Italia: Halloween vs Commemorazione dei defunti tra tradizione usanze e costumi

La festa di Halloween è di antica origine celtica, ma è possibile ritrovare ampie radici nella nostra cultura e tradizione.  La leggenda narra che durante la notte di Ognissanti, i morti fuoriescono dalle tombe per vagare in cerca di un corpo da possedere tutto l’anno: da qui l’usanza a contrastare l’arrivo degli spiriti vaganti, travestendosi da fantasmi o mostri, nel tentativo di spaventarli e costringerli a fuggire.  Col tempo a quest’usanza si sono aggiunte altre pratiche proprie tradizioni più antiche: ‘dolcetto o scherzetto’ e ‘jack o’ lantern’.
La prima è legata al girare di casa in casa dei primi cristiani i quali, chiedendo in elemosina un dolcetto di uva passa, promettevano preghiere per i defunti delle famiglie.
La seconda, di origine irlandese, si basa sulla storia di un noto malfattore che fece un patto col diavolo senza rispettarlo. Una volta morto e rifiutato sia dal paradiso che dall’inferno, per punizione il suo fantasma fu costretto a vagare nelle tenebre, illuminando la sua via con una lanterna speciale: un tizzone ardente posto all’interno di una rapa svuotata. Solo in seguito si preferì la zucca alla rapa per le lanterne della notte di Ognissanti. Oggi Halloween, celebrata principalmente negli Stati Uniti, è diffusa in molti Paesi del mondo, e da qualche anno anche in Italia, dove non sembra affatto essere una gran novità. Una festa di maschere, dolcetti, fantasmi, streghe, zombie, lanterne di zucca e cimiteri. Tra chi acconsente e chi dissente, non tanto per un rifiuto dell’occulto, quanto per una difesa delle tradizioni autoctone, val la pena ricordare che l’Italia stessa non è esente da certe pratiche legate al culto delle anime dei morti, con veri e propri rituali celebrativi che vanno da Ognissanti alla Commemorazione dei defunti, ricoprendo un arco di tempo di ben 36 ore, con l’esclusione della notte del 31.
Infatti, il mattino dopo la notte di Halloween, in molte zone d’Italia hanno inizio i festeggiamenti per i defunti. 

In Abruzzo si intagliano e decorano le zucche e schiere di ragazzi, contadini, artigiani, vanno di casa in casa  e cantando una canzone appropriata, chiedono offerte per le anime dei morti.

In Calabria si organizzano cortei verso i cimiteri per recitare il santo rosario e benedire i defunti. Un tempo si banchettava persino sulle tombe, estendendo l’invito a tutti i visitatori.

In Emilia Romagna, un tempo, i poveri bussavano alle porte per ricevere la ‘carità di murt’ in cambio di preghiere.

In Friuli i contadini lasciano un lume acceso e acqua e pane sulla tavola per i morti che, secondo la leggenda, vanno in pellegrinaggio nelle chiese e di sicuro faranno visita alle loro case, prima di scomparire al canto del gallo.

In alcune zone della Lombardia si è soliti mettere sul davanzale una zucca piena di vino, imbandire una tavola con svariate pietanze e porre delle sedie davanti al focolare acceso, per accogliere i defunti durante la notte.

In Piemonte si suole aggiungere un posto in più a tavola, riservato ai defunti in visita.
In alcune zone, dopo cena, le famiglie si recano al cimitero lasciando le case vuote per non disturbare l’arrivo e il ristoro dei defunti. Rientreranno solo quando il suono della campana annuncerà che i morti si sono finalmente ritirati in pace.

In Puglia si decorano le zucche chiamate ‘cocce priatorie’ (teste del purgatorio) e la notte del ‘fuc a coste’ (fuoco a fianco) si accendono tanti falò per illuminare la strada ai defunti che ritornano. Sulla brace dei falò verranno poi cotti vari tipi di carne da mangiare insieme ai passanti.

In Sardegna, dopo la visita al cimitero, si torna a casa a cenare e si lascia la tavola apparecchiata per i morti. I bambini vanno di casa in casa e al grido di ‘morti morti’ riceveranno dolcetti, frutta secca e denaro.

In Sicilia i bambini vanno a letto presto e lasciano le proprie scarpe dietro l’uscio per ricevere i doni dei defunti che arriveranno durante la notte. Il giorno dopo le troveranno piene di dolcetti, frutta secca e denaro, con accanto vassoi di ‘pupi di zucchero’ e frutta di ‘martorana’.

 

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